Caro Roberto,
quando a Ravenna l'arte contemporanea era considerata tabù e
occuparsene era un rischio manicomio, da casa di tuo Nonno passavano
Francesco Arcangeli, Mattia Moreni, Georges Mathieu, ecc. e nelle pareti
di casa erano appesi l"Urlo del sole", l'"Albero colpito
dal fulmine" oltre a innumerevoli altri quadri di Moreni, di Dova,
di Pannaggi, di Mathieu ecc. Come dimenticare poi la sua amicizia con
Alberto Martini, storico e critico di prim'ordine uniti da un tragico
destino. Né si può scordare l'incoraggiamento verso i
giovani artisti che egli profuse con intelligenza e generosità.
Credo sarebbe contento di vedere un nipote che si incammina per l'ardua
strada dell'arte, che espone dopo anni di ricerche pittoriche, consapevole
di una tradizione del nuovo che ha il suo perno proprio in quegli anni
cinquanta e sessanta quando il nostro paese cominciava a scuotersi di
dosso il provincialismo di generazioni autarchiche che l'avevano isolato
dall'Europa.
Ed è proprio in quegli anni che la tua pittura cerca le sue radici,
tra informale e scrittura: rivisitazione in chiave "inquietante"
come tu stesso scrivi, dai colori come "macchie plastificate dalla
luce".
Tanti auguri dunque per tutte le tue mostre con l'affetto che dimostrano
da sempre i romagnoli un po' "matti" nei confronti di coloro che corrono
avventure.
Ravenna 10/04/02 , Giulio Guberti